Il nostro viaggio nell’analisi di modelli e metodologie che aiutino le imprese a rispondere prontamente del cambiamento, continua incessante. Osserviamo da vicino, quindi, il modello OKR, un setting organizzativo che favorisce unità d’intenti e coordinamento e che in Italia può essere considerato relativamente nuovo.

L’acronimo OKR sta per Objectives and Key Results, cioè Obiettivi e Risultati Chiave. Una prima teorizzazione e applicazione si è avuta ad opera di Andy Grove negli anni ’70, quando ricopriva il ruolo di Direttore operativo di Intel e poi CEO. La Intel affrontava un momento di riorganizzazione e Grove indagava tecniche di management che potessero aiutare l’azienda e tutti i collaboratori a rendere efficaci competenze ed esperienze al fine di migliorare e razionalizzare il lavoro, incrementando così i risultati.

Il modello OKR venne sistematizzato sostenendo l’idea della condivisione degli obiettivi a loro volta misurabili attraverso i risultati chiave: da qui l’acronimo OKR.

Gli obiettivi rappresentano la meta verso la quale procedere, una meta che tutti i comparti aziendali conoscono, dunque trasparente, che supera il concetto di raggiungimento degli obiettivi e risultati fini a sé stessi e che punta sulla focalizzazione della stessa attraverso la responsabilizzazione e l’autonomia di ciascuno.  Una delle caratteristiche particolari della metodologia OKR, infatti, è quella di lasciare al singolo la decisione di come condurre il proprio compito per raggiungere il risultato e centrare l’obiettivo.

Una volta individuato l’obiettivo aziendale, da considerare come una missione, si procede con l’individuazione degli obiettivi dei singoli reparti o team di lavoro o individui, in un meccanismo di relazione che porta ciascuno di essi ad essere parte del grande e unico goal aziendale. Il goal aziendale è di fatto un faro che guida, ma come condurre il timone spetta alle cellule dell’organizzazione che in vista di quella direzione decidono le singole manovre: la definizione di esse infatti avviene dal basso in approccio bottom up. Soltanto alla fine del periodo di attuazione, di solito brevi periodi, trimestri in genere, si procede con il confronto e la misurazione vera e propria a cui tutti partecipano e di cui tutti sono a conoscenza.  A seconda di quanti risultati chiave si siano ottenuti si comprende se la direzione è corretta. A differenza di precedenti metodologie su obiettivi e risultati, però, l’OKR, non rientra in meccanismi retributivi come bonus o premi: i risultati chiave servono solo a monitorare l’andamento del processo per eventualmente correggere o modificare qualcosa.

 OKR

  Gli OKR hanno caratteristiche ben definite:

×           Chiari e precisi

×           Ambiziosi ma allo stesso tempo realistici

×           Misurabili

×           Specifici

×           Limitati nel tempo

×           Raggiungibili

×           Trasparenti

I dati sono fondamentali per rendere evidenti i Key Results, ma non devono essere eccessivi e questo vuol dire che bisogna concentrarsi su quelli più importanti, quelli prioritari. Con i dati alla mano, con la valutazione del proprio andamento, il lavoratore, il team, il comparto comprende in tempi brevi se il percorso scelto, i tempi e l’organizzazione interna sono valide riuscendo così a decidere, autonomamente e sotto la propria responsabilità, come procedere da lì in avanti. Come osservato per l’Hoshin Kanri, anche gli OKR sono un validissimo modello per favorire l’allineamento di tutta l’organizzazione verso la direzione stabilita.

In un momento storico in cui la vera e unica costante appare proprio il continuo cambiamento di rotta e l’incertezza, il poter avere il confronto a breve termine su risultati raggiungibili, realistici e concentrati su un obiettivo specifico, aiuta a gestire con più flessibilità il lavoro e a non perdersi in una mole di informazioni o compiti che non focalizzano bene la direzione. Conoscendo bene, inoltre, quelli che sono gli obiettivi dei colleghi o degli altri reparti, su cosa essi stiano lavorando, favorisce un coordinamento costante che a sua volta permette anche virate e aggiustamenti in maniera più agevole.

Autonomia e responsabilità hanno guidato il successo dello smart working e si sono rivelate indispensabili caratteristiche per ottenere fiducia e compiti importanti ed è per questo motivo che il modello OKR, fino ad ora poco conosciuto e applicato in Italia, suscita interesse.

Scritto da Anna Minutillo


Iscriviti alla Newsletter per rimanere aggiornato sulle nostre pubblicazioni

Foto di 3D Animation Production Company da Pixabay

Articoli correlati:

Strategia, allineamento e monitoraggio in ottica Lean: l’Hoshin Kanri

Smart Working? Pensiamo in avanti