Continuare a crescere e prosperare con uno sguardo attento e proiettato al futuro è l’orizzonte ideale di ogni azienda. Saper leggere il contesto in cui si opera aiuta a guardare più chiaramente tale orizzonte e a decifrare gli importanti segnali di cambiamento necessari a seguirlo.

In aiuto alle aziende con forte consapevolezza di questi passaggi e della loro valenza nella gestione del percorso, ci sono numerosi studi e approfondite analisi che evidenziano chiavi di volta per affrontare importanti sfide.

È il caso dello studio Digitalizzazione e sostenibilità per la ripresa dell’Italia, riportato al 47° Forum Ambrosetti tenutosi a Cernobbio e condotto dal gruppo The European House-Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia.

Lo studio ha affrontato due tra i temi più caldi degli ultimi anni, la digitalizzazione e la sostenibilità, e ne ha evidenziato il rapporto in un’interessante sinergia che, se adeguatamente declinata, può condurre a un cambio di rotta epocale.

L’assunto di base è il determinante contributo che la digitalizzazione può portare allo sviluppo sostenibile. Tale sviluppo è stato analizzato lungo tre direttrici principali: sostenibilità economica, sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale.

In una dimensione realmente sostenibile, questi tre aspetti necessitano di entrare in un rapporto di equilibrio dinamico in cui ognuno di essi interagisce con gli altri. Un rapporto che ci restituisce una situazione di sistema molto complessa che per essere affrontata ha bisogno di consapevolezza e flessibilità, basi importanti per adattarsi ai cambiamenti anche, e soprattutto, dirompenti.

“Il 2020 ha registrato la più profonda crisi globale mai vissuta dalla nostra generazione. Il crollo del Pil mondiale è stato 32 volte peggio della peggiore crisi precedente, mentre l’8,9% della contrazione del Pil italiano è stato il quarto peggiore dei 150 anni della storia dell’Italia, preceduto soltanto dai 3 anni della Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato Valerio De Molli, Ceo di Ambrosetti.

Come affrontare tale situazione?

Le risposte dello studio del gruppo The European House-Ambrosetti e Microsoft Italia, presuppongo un concetto fondamentale: l’anti-fragilità.

Per anti-fragilità si intende la capacità di trasformare elementi destabilizzanti, come le conseguenze di una crisi, ad esempio, in punti di forza, in opportunità. Ed è qui che entra in gioco la tecnologia e l’utilizzo che ne facciamo in previsione di raggiungere determinati obiettivi.

La situazione mostrata dallo studio rivela che a livello sociale la pandemia ha accentuato le disuguaglianze e scapito soprattutto delle donne e dei giovani: le une costrette a far fronte a responsabilità familiari più urgenti e gli altri in ulteriore difficoltà nell’inserirsi nel mondo del lavoro in piena stagnazione economica.

L’emergenza climatica mostra, al contempo, quella che è la difficile situazione ambientale che impone un importante cambio di passo, sottolineato dall’Agenda 2030 e dagli obiettivi in essa contenuti per attuare la transizione.

Le aziende devono quindi rispondere di nuove politiche occupazionali e di nuove strategie produttive al fine di superare questo difficile momento.

“Le tre grandi sfide per il rilancio del nostro Paese – sostenibilità, digitale e inclusione sociale – sono strettamente legate tra di loro e, investendo in maniera sinergica e strategica, possono creare un circolo virtuoso in grado di accelerare non solo la ripresa, ma l’evoluzione verso nuovi modelli di business e vita più sostenibili” ha commentato Silvia Candiani, Amministratore Delegato di Microsoft Italia.

Tecnologie come l’Intelligenza Artificiale, l’IoT (Internet of Things) e Big Data hanno dimostrato di garantire maggiore competitività alle aziende sviluppando proprio quei nuovi modelli di business a cui si riferisce Silvia Candiani. Modelli di business che permettono inclusione, attuazione di pratiche di economia circolare e di efficienza, di valorizzazione del territorio.

Lo studio ha rilevato quelle che sono le posizioni delle aziende italiane riguardo il livello di digitalizzazione e/o le intenzioni di avviare la trasformazione digitale. L’approccio a tale dimensione è davvero fondamentale anche per un altro motivo, altrettanto determinante quanto quelli prima citati: la sempre maggiore attenzione del consumatore verso pratiche di sostenibilità che superino il concetto del prodotto passeggero e sempre nuovo a favore di prodotti realizzati con processi rispettosi dell’ambiente, con utilizzo di materie prime che non comportino depauperamento delle risorse del pianeta e che durino a lungo. Il consumatore presta molta più attenzione alle politiche aziendali in questi termini quando deve scegliere un brand.

E allora qual è la situazione delle aziende italiane?

Dallo studio si evince che per il 64% di esse la sostenibilità ambientale è uno dei principi alla base della propria strategia, ma per ogni azienda poi assume connotati differenti: per il 59% essa si identifica con l’efficientamento dei processi, per il 39% la si individua nel miglioramento dei prodotti e dei servizi, per un 5% la si insegue attraverso competenze e figure professionali ben precise. Il 60% circa di tutto il campione, inoltre, punta anche al miglioramento dell’impegno di sostenibilità su tutta la filiera.

Una survey di Confindustria Digitale mostra come, dopo la pandemia, circa il 96% delle aziende abbia avviato un percorso di digitalizzazione, di cui un 63% orientata a un vero e proprio cambiamento delle proprie pratiche e un 33% di rivalutazione delle proprie strategie digitali.

Per le PMI in particolare, lo sforzo di implementazione di politiche sostenibili si identifica soprattutto nell’individuazione di partner lungo la supply chain e nella formazione di figure professionali adeguate a seguire e attuare il cambiamento.

Dal punto di vista ambientale, lo studio di The European House-Ambrosetti e Microsoft Italia ha evidenziato come, inoltre, per il 71,2% delle aziende il contributo del digitale sia quello di diminuire notevolmente gli spostamenti, per il 68,4% sia quello invece di consentire la dematerializzazione dei processi, per il 50,9% sia l’efficientamento della gestione delle operations, mentre per il 49,1% fondamentale è l’aumento delle attività di monitoraggio.

La sintesi della ricerca ha portato a stabilire che dal punto di vista economico le aziende digitalizzate e le aziende che hanno avviato la trasformazione digitale, godono di importanti benefici dal punto di vista dell’aumento della produttività rispetto a quelle ancora indietro.

Dal punto di vista ambientale, invece, è risultato chiaro come il digitale possa portare un fondamentale contributo al processo di decarbonizzazione, favorendo così la transizione verde con un impatto da qui al 2030 pari a quello apportato dalle energie rinnovabili, permettendo alle aziende di abbattere circa il 10% delle emissioni rispetto al 2019.

Dal punto d vista sociale, in ultimo, ma non per importanza, si è ulteriormente confermato il contributo del digitale alle politiche di inclusione e di valorizzazione di territori periferici, attraverso forme di lavoro a distanza e nuove collaborazioni rese appunto possibili dall’utilizzo della tecnologia.

Alla luce di tutti i dati emersi dallo studio, The European House-Ambrosetti e Microsoft Italia hanno proposto 3 misure concrete all’attenzione della politica e delle aziende, affinché l’adozione del digitale possa diventare di facile attuazione e diffusione:

  1. Il diritto/dovere alla formazione digitale: soltanto il 42% degli adulti, in Italia, possiede competenze digitali di base, contro il 57% della media europea. Bisogna incentivare la preparazione digitale di personale per raggiungere gli obiettivi di produttività e transizione verde, come visto.
  2. Il diritto all’inclusione digitale: possedere competenze digitali permette di accedere al mondo del lavoro, garantendosi servizi e possibilità, abbattendo al contempo le disuguaglianze.
  3. Individuazione di standard condivisi: misurare l’impatto d’impresa è fondamentale per monitorare il livello di sostenibilità ambientale e sociale. Diventa urgente stabilire criteri validi per tutti affinché gli operatori virtuosi possano godere della maggiore competitività garantita dalle pratiche messe in atto verso tale obiettivo.

Scritto da Anna Minutillo


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