Che cosa è un processo aziendale e come mapparlo, misurarlo e migliorarlo in ottica Lean

Un processo aziendale è un insieme di attività, per lo più interdipendenti, che genera una trasformazione di diversi input in svariati output: da una materia prima a un prodotto finito, ma anche dall’ideazione di un servizio alla sua erogazione, il cui scopo è la fornitura degli stessi (prodotto o servizio che sia) a un cliente finale.

La centralità di ogni processo si basa sulla soddisfazione ultima di quel cliente finale e tale soddisfazione determina il valore dell’azienda percepito all’esterno.

Si evince, dunque, quanto sia importante che ogni azienda focalizzi energie e risorse in un percorso di definizione/strutturazione chiara dei propri processi e, contemporaneamente, di miglioramento continuo, in modo da realizzare competitività e costruire fiducia e fidelizzazione.

Cenni di classificazione dei processi aziendali

Per analizzare e seguire i processi aziendali in maniera chiara, può essere utile ricavarne un quadro che li classifichi in base allo scopo e alle funzioni che essi svolgono.

Per citare due illustri esempi:

Michael Porter nel 1985 scrisse il saggio Competitive Advantage: Creating and Sustaining Superior Performance, nel quale teorizza la suddivisione dei processi aziendali in due grandi gruppi: 5 processi primari e 4 processi secondari.

I processi primari si individuano in tutte le funzioni aziendali, sia interne che esterne all’azienda, rivolte al cliente e che quindi concorrono al rapporto con i destinatari delle funzioni aziendali, dalla logistica, sia interna che esterna, alle operazioni di produzione fino al marketing, alle vendite e ai servizi post vendita.

I processi secondari, invece, sono tutte quelle attività che supportano nella realizzazione dei processi primari e che solitamente sono interni all’azienda: gestione risorse umane, approvvigionamento, attività amministrative e finanziarie e così via.

Robert N. Anthony, economista, teorico e professore di controllo di gestione alla Harvard Business School, propone una classificazione in tre tipologie:

  • Processi direzionali: processi afferenti alle attività direzionali, come ideazione e pianificazione a medio e lungo termine degli obiettivi dell’organizzazione
  • Processi gestionali: funzioni di gestione e controllo delle attività necessarie alla realizzazione degli obiettivi ideati e pianificati in ambito direzionale
  • Processi operativi: le attività che concorrono direttamente alla realizzazione degli obiettivi quali, ad esempio, produzione, logistica, vendita, approvvigionamento…

Quale che sia la suddivisione delle diverse tipologie di processi aziendali, alla base di essa vi è il principio guida di una visione organica e complessiva dell’azienda, fondamentale come punto di partenza per attuare la mappatura, la misurazione e il miglioramento continuo ai fini della competitività.

Spunti Lean di mappatura, misurazione e miglioramento dei processi

La mappatura dei processi aziendali è il primo passo da compiere per poter letteralmente visualizzare ogni singolo processo nelle sue componenti e averne così un efficace controllo e un’adeguata gestione.

Lo strumento Lean per eccellenza in questa delicata e importante funzione è il Value Stream Mapping (VSM).  Attraverso di esso si rappresenta l’intero flusso del valore distinguendo attività valide dalle attività che generano sprechi. Si tratta di una vera e propria rappresentazione grafica di tutto il flusso, determinato a sua volta dall’intreccio tra flusso dei materiali e flusso delle informazioni.

Raccolti i dati di entrambi i flussi si riesce a realizzare la Current State Map, cioè lo stato attuale, del processo/dei processi, analizzato in cui emergono criticità o attività a valore lungo tutto il percorso.

Dalle osservazioni emerse in questo contesto si può realizzare la Future State Map cioè le modalità di intervento e il disegno successivo dei processi in base ai miglioramenti e alle correzioni da apportare. La Future State Map è il punto di arrivo dell’attività di ridefinizione dei processi.

La misurazione dei processi entra in gioco per ottenere una visione chiara e obiettiva delle criticità che rallentano, bloccano o rendono inutilmente macchinoso un processo. La misurazione è il passaggio necessario da una gestione istintiva a una gestione razionale della propria organizzazione.

In ottica Lean la misurazione parte da una prospettiva di riduzione degli sprechi e di ottimizzazione delle operazioni. Funzionali a tale scopo sono i Key Perfomance Indicator (KPI), Indicatori Chiave di Performance, cioè metriche utilizzate per misurare attività, processi e progetti in base agli obiettivi prestabiliti.

L’acronimo SMART definisce le caratteristiche di un buon KPI:

Specifico: il KPI deve essere il più possibile attinente al parametro che deve misurare.

Misurabile: i dati che si vuole andare ad analizzare devono essere misurabili oggettivamente.

Achievable (Realizzabile): i KPI devono avere un obiettivo realizzabile in grado di diventare una necessità.

Rilevante: gli indicatori misurati devono essere in linea con gli obiettivi che ci si è prefissati.

Time-related: ogni indicatore KPI deve avere un termine entro il quale essere verificato.

I più utilizzati sono l’OEE (Overall Equipment Effectiveness) e l’OLE (Overall Labour Effectiveness).

L’OEE ha lo scopo di individuare la capacità produttiva in base a tre fattori:

  • Disponibilità operativa
  • Tempi di singola lavorazione
  • Conformità del prodotto

L’’OEE analizza il rapporto tra il tempo di effettiva produzione di un impianto o linea produttiva, e il tempo in cui esso è in funzione, in relazione alla quantità di scarti prodotti rispetto ai prodotti di qualità. Un utile indicatore che consente di comprendere il livello di spreco nel meccanismo di funzionamento e di perdita effettiva di risorse al fine di poterne migliorare le prestazioni.

L’OLE ha lo scopo di individuare l’effettiva efficienza della forza lavoro ponendo in relazione:

  • Disponibilità della forza lavoro
  • Prestazioni/Performance
  • Qualità del prodotto realizzato.

La forza lavoro è un importante variabile della produttività: l’OLE contribuisce all’analisi delle effettive criticità che essa pone in essere, aiutando a comprendere, anche in questo contesto, come intervenire per eliminarle.

Dalla mappatura e dalle misurazioni raccolte, dunque, si ricavano i dati necessari a un nuovo disegno di processo in ottica Kaizen, il leitmotiv di tutta la logica Lean, cioè il miglioramento continuo. Fondamentale, in questo senso, però, è comprendere che per migliorare non basta mappare, misurare, raccogliere dati, ma attuare un vero e proprio cambiamento culturale che coinvolga l’intera organizzazione. Il cambiamento deve essere messo in atto costantemente, quotidianamente e a piccoli passi da ogni individuo a vantaggio di tutto il sistema.

In questo senso un metodo Lean particolarmente utile è il 5S, 5 pratiche funzionali al coinvolgimento degli operatori dei reparti produttivi al fine di sensibilizzarli alla corretta manutenzione e all’adeguato utilizzo delle postazioni di lavoro, con lo scopo di ottimizzare i flussi e facilitare le operazioni:

  • SGOMBERARE (SEIRI): distinguere e separare quel che serve da quello che non serve, per raggiungere l’optimum, cioè avere a portata di mano «solo quello che serve, nella quantità e nel momento in cui serve»;
  • SISTEMARE (SEITON): disporre accuratamente secondo il principio «un posto per ogni cosa, ogni cosa al suo posto»;
  • SPLENDERE (SEISO): pulire accuratamente;
  • STANDARDIZZARE (SEIKETSU): eseguire queste tre fasi a intervalli frequenti e ben definiti;
  • SOSTENERE (SHITSUKE): fare in modo che le prime 4S divengano parte integrante del proprio modo di lavorare, una buona abitudine da cui non separarsi più.

Il Lean Thinking ha un approccio olistico alla gestione aziendale ed è importantissimo, applicandolo, pensare all’azienda in maniera organica.

Scritto da Anna Minutillo

Foto di Gerd Altmann da Pixabay


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